Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway

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Uno dei grandi classici della letteratura mondiale.

Perché leggerlo? Perché serve, ogni tanto, ricordare a se stessi che anche se un sogno svanisce, finché è stato, per tutto il tempo in cui lo abbiamo vissuto con braccia, testa e cuore messi giù al 100%, e se c’è qualcuno ad aspettarci a casa, che si prenderà cura di noi anche quando torneremo sconfitti, allora ne sarà valsa la pena.

Don’t give up.

Quattro palle su cinque.

Lo potete acquistare qui.

Principianti di Raymond Carver

IMG_8867Adesso ci mettiamo qui buoni buoni e facciamo un riassuntino degli autori di racconti di quelli che tu a uno gli dici “ma lo sai che ho letto dei racconti bellissimi, ma bellissimi proprio e sono di…” e quello ti risponde “graziearcà”. Gente tipo Joyce, Yates, la Munro, Hemingway, Cortázar, Poe, Bukowski e sì, dopo aver letto Principianti ci metto anche Carver. (E non vedo l’ora di leggere i Sessanta racconti di Buzzati).

Leggere racconti, diciamolo, non è per tutti: ad esempio non è per quelli che son convinti che uno scrittore che sceglie di scrivere un racconto invece di un romanzo lo fa perché non è capace di sviluppare una storia lunga: errore, se hai qualcosa da raccontare secondo me è ancora più difficile riuscire a impostare, sviluppare e concludere la storia in modo efficace e significativo in poche pagine. Se non hai nulla da raccontare, allora beh: da’ retta, è meglio lasciar perdere la scrittura proprio.

Leggere racconti invece è per chi ad esempio fa fatica a cominciare o riprendere a leggere con costanza: il fatto di aver davanti a sé le 200-300-500 pagine di un romanzo spesso sembra una fatica improba e si lascia perdere. Oppure se uno inizia un romanzo e poi non ha tempo e modo di continuarlo, molla lì il libro, e quando lo riprende non si ricorda più nulla della trama: ecco, qui le raccolte di racconti sono una possibile soluzione, perché puoi leggere un racconto alla volta e chiudere comunque la storia, sapere “come va a finire”. C’è un grande bisogno di sapere “come va a finire”, secondo me.

Ma dopo il pippone introduttivo che lo so, lo so che vi è piaciuto, non dite di no (tanto a chi non è piaciuto avrà smesso di leggere da un po’ e siamo rimasti in pochi, mettiamoci seduti vicini vicini) torniamo a Carver. Lui è stato uno straordinario autore di racconti: questo volume raccoglie le versioni originali di quelli che erano già stati pubblicati col titolo “Di cosa parliamo quando parliamo d’amore“, ampiamente tagliati e rimaneggiati dal suo editor. Questi tagli, mal digeriti dall’autore, lo hanno portato in seguito a voler ripubblicare i racconti nelle loro versioni originali. Beh, io non ho letto quelli coi tagli, ma in questi vi assicuro che non sembra esserci nulla di superfluo.

Sono ritratti potenti di piccole e grandi tragedie quotidiane. Persone apparentemente banali e normalissime, eppure succedono loro delle cose. E le cose che gli capitano sono davanti a noi, scritte e descritte con precisione chirurgica, ma senza la freddezza asettica di una sala operatoria: i quadri che ci vengono dipinti sotto agli occhi e tra le dita sono accompagnati da un sottofondo di dolente empatia, che ce li incastra nel cuore. Anche Carver (come Yates, come David Foster Wallace) conosceva il dolore, e ce lo descrive come un amico inopportuno che resta vicino per incapacità di mandarlo via, ormai rassegnati a tenercelo accanto fino alla fine. Eppure non si respira un’aria triste, nelle storie che ci racconta: c’è una tenerezza quasi paterna nel narratore, che si contrappone in alcuni casi a una sorta di cecità ingenua quasi infantile nei personaggi, che ci fa indovinare dietro alla penna un uomo che ne ha viste tante e la sua comprensione per chi va incontro agli sbagli senza rendersene conto, perché ancora non *sa*: i Principianti.

Una raccolta consigliatissima, a cui do “solo” quattro palle e mezzo su cinque perché vengo da una lunga serie di storie dolorose e forse avrei bisogno di farmi qualche mesetto a leggere solo libri per bambini dove non soffre nessuno e c’è ancora davvero una qualche speranza nel futuro. Invece andrà a finire che cerco Cattedrale e lo comincio.

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Per chi suona la campana di Ernest Hemingway

51yylcp8oqlLetto perché mi ricordavo di Hemingway come un palloso macho pieno di sé. Lo era, probabilmente, ma rimane uno che scriveva fottutamente bene.

Questo romanzo narra la storia di un americano – scrittore e traduttore dallo spagnolo – che si ritrova coinvolto nella guerra civile in Spagna e deve far saltare un ponte per facilitare la presa di una cittadina. Il classico racconto dell’enormità di una singola vita umana dispersa, minuscola e insignificante nel contesto di un conflitto bellico. Ma con un portato di emozioni, sentimento, significato, umanità che non ricordavo assolutamente.

Mi ha lungamente commossa. Non mi stancherò mai di leggere e rileggere i classici.

Quattro palle e mezzo su cinque e adesso vi posto un brano che racconta come nessuno mai l’amore.

Poi furono insieme così che mentre la lancetta si muoveva invisibile adesso, sull’orologio, seppero che niente poteva accadere mai più a uno di loro senza che accadesse all’altro; che nient’altro poteva mai essere più importante di questo; che questo era tutto e sempre; questo era il passato, e il presente e qualunque cosa fosse per venire.

Questo non avrebbero dovuto averlo, eppure l’avevano. L’avevano ora e prima e sempre ed ora ed ora ed ora. Oh, ora, ora, ora, quest’ora solo, e sopra tutto ora, e non c’è altro ora che tu, ora, e ora è il tuo profeta. Ora e per sempre ora. Vieni ora, ora, perché non c’è altro ora che ora, sì, ora. Ora, per favore, ora, ora solo, nient’altro, solo quest’ora, e dove sei tu e dove sono io e dove è l’altro, e non il perché non mai il perché solo quest’ora; e ancora e sempre, per favore, e poi sempre ora, sempre ora, a partire da ora sempre lo stesso ora: uno soltanto. Non c’è che un solo ora, un solo, che ora va, ora si solleva ora veleggia, ora ricade, ora turbina, si gonfia, ora ti lascia ed è sempre ora, sempre, sempre ora. Uno ed uno è uno è uno, è uno, è uno, è sempre uno, sempre uno: uno con condiscendenza, uno con dolcezza, uno con tenerezza, uno con bontà, uno con felicità, uno per amare, uno ora sulla terra con i gomiti sui rami di pino che hanno fatto da letto questa notte, con l’odore dei pini e della notte, definitivamente sulla terra ora, e con l’alba del giorno a venire E poi egli disse, poiché tutto il resto era solo nella sua testa e non l’aveva detto: – Oh Maria disse, – io ti amo e ti ringrazio per questo.

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