Milletrecentoerotti pagine che dettagliano la vita di coloro che abitano un quartiere – “La Torre” che dà il titolo al romanzo – della Dresda degli anni ’80, quindi in piena DDR.
La scrittura è corposa, i personaggi ben delineati e la storia riesce a tratteggiare minuziosamente sia le vite dei protagonisti (che vivono le stesse dinamiche relazionali, le stesse gioie, dolori e preoccupazioni che vivrebbe chiunque, in ogni epoca storica e localizzazione geografica), ma anche le particolari situazioni che si vengono a creare, dato quello specifico contesto storico: quello di uno Stato retto da un socialismo ormai così maturo da puzzare di marcio, tanto da aver perso qualsiasi fascino e illusione sul futuro, che non fa altro che vivacchiare in attesa che il suo destino si compia, e i suoi abitanti con esso.
Si assiste così impotenti ad esempio a code lunghe ore per ottenere un certificato di non rilevanza nazionale per un violino, così da poterlo portare con sé durante una tournee oltre cortina, che si conclude con la scoperta di doverne fare una ulteriore, ugualmente lunga, per ottenere una seconda certificazione identica, per quello stesso archetto con cui il violino è stato suonato e certificato un minuto prima. Perché saltare la coda significherebbe beneficiare di un trattamento di favore rispetto agli altri cittadini. Insomma, tutto il portato di assurdità e distorsioni comportamentali e sociali che uno immagina e anche qualcosa che non si può davvero immaginare se quella realtà non l’hai vissuta. La migliore descrizione della vita quotidiana nella DDR che abbia mai letto: fa il paio col meraviglioso film “Goodbye, Lenin”.
Detto questo: avevo davvero voglia di leggere milletrecentoerotti pagine sulla miserabile vita delle persone durante la DDR a fine corsa? No.
Tre palle su cinque.
Comunque lo potete comprare qui in formato cartaceo e qui in e-book.