L’impronta dell’editore di Roberto Calasso

bf5fa627e27586872ed41c7467adf34c_w600_h_mw_mh_cs_cx_cyRaccolta di undici scritti  sull’editoria già pubblicati tra il 1975 e il 2009 da Roberto Calasso, direttore editoriale di Adelphi.

Il profilo che viene a delinearsi è quello di un ideale, un sogno a cui tendere, dove il Catalogo viene progressivamente composto in una sorta di Libro unico, nel quale ogni singolo volume pubblicato va a costituire un capitolo di un corpo unico e in qualche modo coerente con lo Spirito della Casa editrice, come interpretato dal suo Editore.

Il principio ispiratore vorrebbe essere lo “stato di grazia” che irradia i volumi prescelti per essere pubblicati, e per questo curati con maniacale e appassionata cura (dalla impaginazione della copertina, alla descrizione in quarta, alla eventuale traduzione). Quello stato di grazia che costituirebbe il vero trait d’union della “qualità” e consentirebbe di riunire opere apparentemente difformi per soggetti, autori, ispirazioni e obiettivi.

Poi finisci questo libro, ne inizi un altro (di un editore diverso) in cui – fin dalla prefazione – è tutto pieno di errori di digitazione e impaginazione e un po’ ti viene voglia di aprire la finestra e lanciarlo, un po’ ti dici ancora una volta che l’ideale serve per indicare una direzione, che sia raggiungibile o meno. Un po’ – infine – ti dici che la vita è fatta così: di persone di talento e di scappati de casa, di libri migliori e peggiori, di ideali e realtà miserrima. E che a te resta comunque in mano sempre la possibilità di cercare, scegliere, coltivare i primi, pur nella consapevolezza che i secondi ci son sempre stati e sempre ci saranno.

Un libro che spero vada in mano a chi vuol fare libri, chi li fa, chi li ha fatti.

Quattro palle su cinque.

Lo potete acquistare in formato cartaceo e in e-book qui.

Il regolo imperfetto di Carmine Mari

22418_865756896851071_1185517327459375634_nHo letto – inaspettatamente – un libro bellissimo.

Vincitore del “X premio letterario Borgo di Albori 2015” e romanzo di esordio di un autore finora sconosciuto, aveva tutte le carte in regola per essere un pacco micidiale. Un thriller storico, poi.

Ero già spiritualmente pronta alle due alternative: da un lato il classico pippone indigeribile di dettagli noiosissimi da wannabe trattato storico travestito da romanzo o, dall’altro lato,  il tipico mattonazzo alla Dan Brown, con una storia banale ma piazzata alla cazzo nel 1200 tanto per darle un tono, infarcito di puttanate con la credibilità di Topolino che vince il Nobel per la letteratura.

E invece.

(Quanto mi piacciono gli “e invece” quando leggo qualcosa che già penso di aver capito tutto, ma ci provo lo stesso e la sorpresa arriva ed è così piena).

Invece è proprio un bel romanzo: io ce lo vedo, Carmine, a passare anni a documentarsi su una città che pure conosce bene (ma chi conosce davvero *bene* la propria città, la sua storia, i suoi segreti?) e arrivare a immaginare la vita e i movimenti di persone vere, vive, in quella città. Ecco: una delle cose speciali di questo libro è la sua vividezza nel descrivere luoghi, persone, vicende. I personaggi sono molti, ma così ben caratterizzati che non ti sbagli nel confonderli mai una volta.

Il regolo imperfetto è un libro che non ti lascia distrarre, che ti prende per mano con sicurezza e ti accompagna tra le strade della Salerno del 1200, tra intrighi politici e religiosi corrotti, tra credenze popolari e scienza medica, accanto ai protagonisti che non sembrano mai figure fittizie create ad arte per sviluppare una storia, ma persone reali, che si comportano coerentemente con le proprie passioni, pulsioni, debolezze e virtù.

Se ne son visti molti – prima e dopo Il nome della rosa di Umberto Eco – di misteri ambientati nel medioevo, di segreti ereditati dal passato che faticosamente cercano di farsi strada verso la verità, di religione usata a fini politici e politica travestita da dottrina religiosa, di conoscenze mediche e scientifiche che non sapevi se augurarti che funzionassero, rischiando di essere tacciati di stregoneria, o che non funzionassero, lasciando tutto nelle mani di dio. Se ne son visti molti, ma pochi tra quelli che ho letto sono convincenti e appassionanti come Il regolo imperfetto di Carmine Mari.

Bravone, cinque palle su cinque.

Lo potete acquistare qui.

L’età dell’innocenza di Edith Wharton

3221039-WhartonINNOCENZA_300dpi-283x431Romanzo ambientato nella New York dell’alta borghesia intorno agli anni settanta dell’800 e che si gioca sui contrasti tra essere e apparire, tra schiettezza e convenzioni sociale, tra il coraggio e la paura di tradire le aspettative proprie e altrui.

Un libro a mio avviso incentrato sulle occasioni che la vita ci offre di cambiare le nostre scelte e sulla sistematicità con cui alcune persone si boicottano da sole, in ossequio ad una ipotetica impossibilità a cogliere tali occasioni: impossibilità quasi mai reale, ma legata alla inaccettabilità delle conseguenze di tali scelte, percepite come troppo dolorose o difficili o imbarazzanti.

Newland, come molti di noi abbiamo fatto, fa quindi una cazzata irresponsabile: rinuncia ad un futuro felice accanto alla donna di cui si è profondamente innamorato – perché significherebbe sopportare il peso sociale e familiare del proprio fidanzamento rotto e del di lei divorzio – creandosi un alibi: si convince che Ellen non risponde all’ideale di moglie che vuole, perché è stata infedele al marito. E per eliminare la concreta possibilità di scegliere quel futuro, convince Ellen a non divorziare e chiede alla fidanzata May di accelerare i tempi del proprio matrimonio.

Non vi spoilero sul resto della trama (avrei voglia di parlare di questo romanzo e dei suoi significati per ore) ma sappiate che è un libro bellissimo, fino all’ultimissima pagina.

Cinque palle su cinque.

Lo potete comprare in formato cartaceo e in e-book qui.

Il terzo incomodo – di Elena Marinelli

IlterzoincomodoFa sempre impressione quando leggi un romanzo scritto da una amica, pensi “è bello, dovrebbero pubblicarlo” e poi succede esattamente questo e te lo trovi tra le mani. Fa impressione perché quasi mai le cose vanno “come dovrebbero andare”. E invece.

Invece l’elena ha scritto una bella storia, che ruota attorno ad un bellissimo personaggio femminile che, per una volta, fa cose normalmente strane (o stranamente normali). Teresa, la protagonista, non si muove come uno pensa che “dovrebbe” muoversi, ma come le viene in quel momento. Teresa è viva. Teresa è bella, ma non ci crede, quindi è come se non lo fosse, perché la gente crede alle cose di cui la convinci più che alle cose come sono. Teresa fa cose che razionalmente non sembrano avere un senso e invece ne hanno uno, ed è il senso giusto per lei, come accettare come amica una persona con cui non ha nulla in comune, che non le sta nemmeno simpatica, perché questo le regala un posto nel mondo. Teresa impara a vivere guardando la vita altrui, prendendone qualche pezzo, appropriandosene quando nessuno la guarda o quando qualcuno non c’è più. Teresa fa cose per rendere felici le persone che ha accanto, perché non sa come rendere felice se stessa e allora tanto vale. Teresa si sente sbagliata, è sola, ma ha persone che le vogliono un bene istintivo e profondo, che lei non fa nulla per coltivare o sollecitare, anzi. Teresa cerca di esserci senza esserci davvero, come se mettesse le persone in guardia dal fidarsi di lei, perché oggi c’è e domani non sa. Teresa fa questo perché ha il terrore di chi oggi c’è e domani non si sa: è stata la vita a insegnarglielo.

Teresa fa come in quella canzone degli U2 “Running to stand still”:

And so she woke up
From where she was lying still
Said we got to do something
bout where we’re going

Se c’è qualcosa che non ho amato in questo romanzo è che è troppo breve, avrei voluto leggere di più, leggere ancora, andare più a fondo. Avrei voluto conoscerla meglio, per questo resta tra le tre palle e le quattro, ma brava Elena: farai grandi cose.

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Augustus (Un romanzo) di John E. Williams

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Ultimo dei quattro romanzi editi da John E. Williams, Augustus è la narrazione della vita di Gaio Ottaviano Augusto, figlio adottivo di Giulio Cesare e primo imperatore di Roma dal 27 AC e fino alla sua morte nel 14 DC.

La formula scelta è quella del romanzo epistolare inframmezzato di tanto in tanto da brani tratti da documenti storici, in un un alternarsi di punti di vista soggettivi dei vari protagonisti con formule altisonanti e ufficiali. Il risultato è convincente e inaspettatamente coinvolgente. Dalle varie voci emerge la figura di Augusto come imperatore e soprattutto come uomo, e se per certi versi la sua vita straordinaria si contrappone diametralmente a quella di Stoner – protagonista del capolavoro di Williams, un uomo che vive una esistenza anonima, al margine dei grandi eventi della storia e se vogliamo anche della propria stessa vita – dall’altro ce lo ricorda moltissimo nell’emergere in entrambi di una profonda vastità d’animo che viene lasciata intuire, nella potenza del non detto, del taciuto, della rinuncia alla pienezza dei propri sentimenti in nome di un bene superiore e altrui.

Dove per Stoner a imporre il sacrificio della realizzazione di sé in nome dell’Amore era il bene delle persone care, per Augusto è il bene di Roma e dell’amatissima figlia Giulia. Due uomini sposati con donne fredde e calcolatrici, inizialmente molto amate e poi tenute accanto per una sorta di fedeltà all’idea di famiglia più che alla persona in sé. Due persone il cui ruolo pubblico impone nel privato scelte, cesure e sacrifici dolorosissimi. Due padri affettuosi, il cui amore non riesce a salvare le proprie figlie da se stesse. Due storie analoghe ma profondamente diverse nel contesto, così che non si ha mai la sensazione di aver letto lo stesso libro, ma solo di essersi trovati ancora – di nuovo – davanti a personaggi universali, che si muovano nell’America di metà ‘900 o nell’antica Roma.

Molto bello, anche se non dovete credere allo strillone in copertina: Stoner resta una punta di diamante ineguagliata. Quattro palle su cinque.

Lo potete acquistare qui.