Oltre il rumore – Perché non dobbiamo farci raccontare internet dai giornali e dalla TV di Antonio Pavolini

51stgbyidal-_sy346_Questo di certo non è un romanzo, ma non ha nemmeno la pretesa di essere un saggio: sembra più una raccolta di riflessioni, di punti di vista diversi, di immagini a tutto tondo di un fenomeno in particolare, cioè internet inteso non come mezzo, ma come aggregazione di comportamenti di persone e aziende. Il tentativo sembra essere infatti quello di ricomporre un ritratto fedele ma indiretto di internet (e di chi lo frequenta), come se fosse una aggregazione di fotografie o se ne guardassero i riflessi su altro (sul linguaggio di chi lo usa, sulle dinamiche sociali, sulla scelta degli argomenti di cui discutere e delle immagini da mostrare, su cosa nascondere, ecc.) più che guardare direttamente ad esso.

La tesi di fondo (da cui il sottotitolo Perché non dobbiamo farci raccontare internet dai giornali e dalla TV) è che la narrazione diretta che viene fatta di internet da chi ha tradizionalmente in mano gli strumenti descrittivi della “realtà”, cioè i giornali e la tv, è fortemente distorta: internet come coacervo di brutture, violenza, dilettantismo, sgrammaticature, pressapochismo. Come se fosse il mezzo (e non la gente che lo frequenta) a determinare un modo di essere e come se “la gente” fosse un mix indistinguibile e bovino che pretende di parlare quando dovrebbe stare zitta.

Su internet c’è questo, ma non solo questo. Ci sono dinamiche da bar e dinamiche nuove, è cambiato il modello di interazione (dal “io parlo e tu ascolti, e c’è chi vende parte della tua attenzione alle aziende che vogliono farsi vedere e ascoltare” al “tutti parlano, tutti ascoltano, tutti possono dire qualcosa e lo fanno, qualcuno ha cose più interessanti da dire di altri, ma l’attenzione non è più canalizzabile e strumentalizzabile secondo i meccanismi rodati”), ma stanno sorgendo anche dinamiche relazionali nuove uniche e bellissime e questa “narrazione dominante” di internet come di satana non fa che cercare di rallentare un processo che sta compiendosi ugualmente.

Le ragioni sarebbero legate non tanto a una supposta incapacità di giornalisti e professionisti del settore di cogliere e descrivere “le ragioni di internet” o le sue peculiarità positive, ma a interessi economici, alla monetizzazione degli spazi pubblicitari sui canali media tradizionali, mentre su internet la gente produce contenuti e attrae l’attenzione delle persone (a volte di moltissime persone) ma farci i soldi, se non sei la Ferragni, è quasi impossibile e – incredibile a dirsi – a volte nemmeno desiderato.

Si parla anche molto dell’uso che facciamo di internet, di come nel mare magnum delle possibilità di utilizzo (facebook, twitter, giornali, immagini, film, scrittura, lettura, musica, …) tendiamo a creare delle bolle di preferenza e poi a raccontarci che quella bolla spieghi tutto e di aver “finito l’internet”, di come cambia il modo di parlare, di comunicare, di fruire dei contenuti (quanti di noi hanno la sensazione di non riuscire più a leggere testi lunghi, troppo abituati al saltellare da un testo a un altro, da uno stimolo ad un altro), di come le aziende stanno cercando in modo più o meno efficace di affacciarsi a questo mondo, eccetera.

Insomma, non è un testo perfetto, non è esaustivo, non è nemmeno organico (io ad esempio ho sentito molto la mancanza di un “piano dell’opera”che ne avrebbe però fatto un prodotto che non era quello che voleva essere) ma butta molta carne al fuoco  ed è carne saporita e gustosa.

L’ho trovato un testo molto bello e scritto bene, sicuramente meglio di questa mia recinzione che è diventata molto più lunga e noiosa di quanto volessi, spero che Antonio non me ne voglia per questo.

Cinque palle su cinque.

Lo trovate qui.

Woody di Federico Baccomo

woody-federico-baccomoPremessa doverosa: in questo caso Woody non è Allen.

Lo so, lo so, poteva sembrare, e invece.

Questo libriccino minuscolo (solo 91 pagine) è un concentrato di amore per gli animali (e amore degli animali).

È il racconto di un cane e della sua adorata padrona, ma è anche la scusa per parlare di dolcezza, di resistenza, di relazioni tossiche, di persone cattive, di relatività, di generosità, di amore. Soprattutto di amore. Del resto, quando di mezzo c’è un cane e il suo padrone come potrebbe essere altrimenti?.

Un libro buffo perché il punto di vista è quello di Woody, il canetto picci protagonista, e quindi anche il linguaggio e la prospettiva sono insoliti. Un libro che emoziona molto, che fa anche piangiucchiare un pochino, ma non troppo.

Lo consiglio: quattro palle su cinque. Lo potete acquistare qui.

L’elenco telefonico degli accolli di Zerocalcare

image_bookA quelli che pensano che “i giovani d’oggi” vengano descritti solo dagli youtubers e dai tronisti in tv, io rispondo che Zerocalcare – attraverso il suo blog prima e le sue raccolte e pubblicazioni poi – sta dando voce (e volto in forma di fumetto) a tutta una generazione e una categoria di persone.

Quelli che usano internet ma non sono smanettoni nerd, che hanno genitori apprensivi a cui però vogliono bene, che vivono da soli ma in case un po’ buttate alla cazzo, che usano i cellulari ma ne sono un po’ vittime per la consapevole incapacità di dosarne benefici e schiavitù, che non cercano di salvare il mondo ma nemmeno sanno sbattersene le palle di quello che succede loro attorno, che cercano di far bene quello che amano ma hanno mille dubbi e mille insicurezze, che hanno abbastanza cervello e abbastanza cuore da costruire giorno per giorno la propria vita un pezzo alla volta, portandosi appresso lezioni imparate dai propri errori, amici imperfetti ma preziosi, quell’eterno “promemoria per se stessi” di provare a guardarsi da fuori per non perdere il senso del ridicolo, della prospettiva, della decenza.

Il tutto, non sto manco a dirlo, facendo ridere da ammazzarsi. Perché i “giovani d’oggi”  son persone che sanno ridere tantissimo, che usano l’ironia e l’autoironia per vivere e sopravvivere, che la buttano in caciara per sdrammatizzare ma non negano il dramma.

Zerocalcare sta segnando un’epoca: credo fermamente che quando tra venti o trenta anni si guarderà a questi decenni per capire l’evoluzione della narrativa e del giornalismo, i fumetti di Zerocalcare saranno studiati e analizzati. E si riderà, ancora, moltissimo.

Come tutte le raccolte ha i suoi picchi e i suoi cali (questo volume raccoglie strisce uscite sul blog nel corso degli anni e integrate da qualcosa di originale) quindi per certi versi sconta questo stravolgimento della loro funzione, ma nel complesso l’insieme regge benissimo la prova.

Quattro palle e mezza su cinque.

Lo potete acquistare qui.

Dieci piccoli indiani di Agatha Christie

downloadLa storia del titolo la sapete, no?

Nella versione originale del 1939 era “Dieci piccoli negri” perché l’isola su cui si ritrovano riuniti i dieci protagonisti ha la forma di una testa di moro e si chiama Nigger Island. Poi già quando uscì in USA quel niggers nel titolo stonava parecchio perché considerato dispregiativo, così diventò prima “E poi non ne rimase nessuno” e poi “Dieci piccoli indiani”. In fondo gli indiani d’America mica si offendono.

Si tratta semplicemente del romanzo giallo più venduto al mondo. Io lo trovo anche a distanza di anni molto bello, mi ricorda per certi versi Sipario, l’ultima avventura di Poirot, per le storie di ciascuno che si intuiscono fin dal principio ma che vengono disvelate progressivamente lungo il romanzo.

Lo trovo molto bello, un grande classico imperdibile per gli amanti del genere,  notevolissimo il plot twist finale, anche se una stellina la perde per l’assoluta irrazionalità di comportamento di molte tra le persone presenti, che sicuramente serve bene lo sviluppo della trama ma qualche volta lascia con un piccolo boh.

Quatto palle su cinque, lo potete acquistare qui.