Adesso ci mettiamo qui buoni buoni e facciamo un riassuntino degli autori di racconti di quelli che tu a uno gli dici “ma lo sai che ho letto dei racconti bellissimi, ma bellissimi proprio e sono di…” e quello ti risponde “graziearcà”. Gente tipo Joyce, Yates, la Munro, Hemingway, Cortázar, Poe, Bukowski e sì, dopo aver letto Principianti ci metto anche Carver. (E non vedo l’ora di leggere i Sessanta racconti di Buzzati).
Leggere racconti, diciamolo, non è per tutti: ad esempio non è per quelli che son convinti che uno scrittore che sceglie di scrivere un racconto invece di un romanzo lo fa perché non è capace di sviluppare una storia lunga: errore, se hai qualcosa da raccontare secondo me è ancora più difficile riuscire a impostare, sviluppare e concludere la storia in modo efficace e significativo in poche pagine. Se non hai nulla da raccontare, allora beh: da’ retta, è meglio lasciar perdere la scrittura proprio.
Leggere racconti invece è per chi ad esempio fa fatica a cominciare o riprendere a leggere con costanza: il fatto di aver davanti a sé le 200-300-500 pagine di un romanzo spesso sembra una fatica improba e si lascia perdere. Oppure se uno inizia un romanzo e poi non ha tempo e modo di continuarlo, molla lì il libro, e quando lo riprende non si ricorda più nulla della trama: ecco, qui le raccolte di racconti sono una possibile soluzione, perché puoi leggere un racconto alla volta e chiudere comunque la storia, sapere “come va a finire”. C’è un grande bisogno di sapere “come va a finire”, secondo me.
Ma dopo il pippone introduttivo che lo so, lo so che vi è piaciuto, non dite di no (tanto a chi non è piaciuto avrà smesso di leggere da un po’ e siamo rimasti in pochi, mettiamoci seduti vicini vicini) torniamo a Carver. Lui è stato uno straordinario autore di racconti: questo volume raccoglie le versioni originali di quelli che erano già stati pubblicati col titolo “Di cosa parliamo quando parliamo d’amore“, ampiamente tagliati e rimaneggiati dal suo editor. Questi tagli, mal digeriti dall’autore, lo hanno portato in seguito a voler ripubblicare i racconti nelle loro versioni originali. Beh, io non ho letto quelli coi tagli, ma in questi vi assicuro che non sembra esserci nulla di superfluo.
Sono ritratti potenti di piccole e grandi tragedie quotidiane. Persone apparentemente banali e normalissime, eppure succedono loro delle cose. E le cose che gli capitano sono davanti a noi, scritte e descritte con precisione chirurgica, ma senza la freddezza asettica di una sala operatoria: i quadri che ci vengono dipinti sotto agli occhi e tra le dita sono accompagnati da un sottofondo di dolente empatia, che ce li incastra nel cuore. Anche Carver (come Yates, come David Foster Wallace) conosceva il dolore, e ce lo descrive come un amico inopportuno che resta vicino per incapacità di mandarlo via, ormai rassegnati a tenercelo accanto fino alla fine. Eppure non si respira un’aria triste, nelle storie che ci racconta: c’è una tenerezza quasi paterna nel narratore, che si contrappone in alcuni casi a una sorta di cecità ingenua quasi infantile nei personaggi, che ci fa indovinare dietro alla penna un uomo che ne ha viste tante e la sua comprensione per chi va incontro agli sbagli senza rendersene conto, perché ancora non *sa*: i Principianti.
Una raccolta consigliatissima, a cui do “solo” quattro palle e mezzo su cinque perché vengo da una lunga serie di storie dolorose e forse avrei bisogno di farmi qualche mesetto a leggere solo libri per bambini dove non soffre nessuno e c’è ancora davvero una qualche speranza nel futuro. Invece andrà a finire che cerco Cattedrale e lo comincio.
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