Letto perché è l’altro romanzo di Fontana: precede di tre anni la stesura di Morte di un uomo felice, ma narra di vicende che si svolgono trent’anni dopo. A legare i due romanzi il fatto che il protagonista di Per legge superiore – Roberto Doni – è stato amico di Giacomo Colnaghi.
Nel primo romanzo Giacomo racconta di Roberto, di come si sono conosciuti all’università, di come hanno fatto un pezzo di strada insieme e poi si siano persi di vista coi trasferimenti in giro per l’Italia a cui il loro mestiere li spingeva. Racconta del loro incontrarsi a Milano, del loro rapporto fatto di una amicizia che va oltre le differenze. Ma è comunque una sfumatura non centrale della trama. Dopo trent’anni, in Per legge superiore, il ruolo di Colnaghi nella vita di Doni è quella dell’esempio da seguire. Un monito sempre presente.
Ho riso quando su Anobii ho letto di chi assegnava a questo romanzo solo due stellette perché “è un giallo in cui non succede niente”. Mi fa ridere perché troppo spesso si critica qualcosa come se fosse “sbagliata” e invece è solo diversa da ciò che ci si aspettava. Come se fosse responsabilità altrui ciò di cui uno ha bisogno o che sta cercando. Non è un giallo, e succedono invece tantissime cose, ma quasi tutte accadono nell’animo del protagonista e nella sua lotta interiore per cercare un equilibrio tra la comodità della sua vita esteriore e quella vocina dentro che gli fa chiedere “questo è ciò che hai, ma a quale prezzo? dove è rimasto ciò che è *giusto* fare?”.
Complessivamente si “sente” che questo romanzo è precedente all’altro: la scrittura è più immatura, i personaggi, soprattutto quelli secondari, hanno meno spessore (anche se resta il talento incredibile nel tratteggiare in poche pagine elementi indimenticabili, come il libraio ebreo o il barista).
Complessivamente comunque anche questo uno splendido romanzo. Splendido. Giorgio, mo’ so’ cazzi: ti aspetto al varco al terzo romanzo (tanto per non caricarti di pressioni).
Comunque cinque palle su cinque anche qui.
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