Letto su consiglio di Raffaele Napoli, è un libro che – per dirla in francese, ma tanto qui siamo tutti poliglotti – spacca svariati culi.
Prendi quattro sceneggiatori male assortiti (uno troppo vecchio, uno troppo giovane, uno troppo pazzo e una troppo smielata), rinchiudili in una stanza con un tavolino, un divano, un distributore di caffè e una sfida impossibile – scrivere una sceneggiatura in zero tempo, con zero budget, per un pubblico atteso prossimo allo zero – e siediti comodo ad assistere a cosa può succedere quando si creano le condizioni ideali, o forse le più improbabili, in un microcosmo autonomo. Una specie di formicaio umano fatto di sceneggiatori, quindi quanto di più simile ad un dio creatore e distruttore si possa immaginare.
Il classico romanzo tanto imperdibile quanto introvabile che andrebbe ripubblicato, chissà se là fuori c’è qualcuno che ci sente.
Cinque palle su cinque di slancio.
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