Tutti i racconti, le poesie e «Gordon Pym» di Edgar Allan Poe

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Poe è un genio. Ha scritto cose di una unicità e di una bellezza assolute e cristalline, e poi ha scritto cose di una pallosità indicibile. Racconti, poesie, saggi, persino un piccolo romanzo, qui raccolti integralmente.

Questo compendio Newton Compton della serie I Mammut (che hanno tutti immancabilmente copertine meravigliose con queste caricature esilaranti) è stato lunghissimo da finire (992 pagine) e a tratti sofferto, perché mentre i racconti del terrore hanno lo stesso immutabile fascino della prima volta che li lessi in una notte buia e tempestosa della mia adolescenza, durante un temporale estivo di quelli così improvvisi e violenti da sembrare vivi, moltissima altra produzione forse sconta il tempo, forse pure lui era meno convinto nello scriverli o aveva dei conti da pagare o non so: so che mi son rotta parecchio le scatole e ho avuto la sensazione di essere spesso sommersa dal tedio con vivifiche boccate d’aria quando trovavo i pezzi più belli. Chiedo ufficialmente scusa a Leonardo detto Il Maestro: spero tu possa perdonarmi per questo.

Facendo media, nel complesso tre palle su cinque.

Potete acquistare qui la versione digitale e qui la versione cartacea.

Smeraldi a colazione – Le mie sette vite di Marta Marzotto

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Autobiografia di Marta Marzotto, che si racconta come una mondina sposata per amore ad un industriale ricchissimo di cui passa il resto della vita a spendere i soldi, godendone e facendone godere chiunque accanto a lei in un turbine di pragmatismo proletario e generosità.

Ama moltissimo, vive moltissimo, viaggia moltissimo. Insomma, esattamente la vita che uno si immagina vorrebbe fare e lei ha fatto.

Non mancano i dolori anche grandi, i lutti, gli abbandoni, le perdite. Ma nemmeno le amicizie, l’amore, i figli, il mondo intero ai suoi piedi. Domina su tutto il romanzo l’amore intenso burrascoso e totale col pittore Renato Guttuso, che attraversa tutta una vita e lascia l’impressione nitida che sia proseguito anche oltre.

Lettura scorrevole e piacevole, anche se la penna non è quella dei grandi narratori e pesa un po’ troppo la scelta editoriale: la sensazione è che sia un libro tratto da una serie di chiacchierate dove chi ricorda e si racconta a chi poi trascrive (Laura Laurenzi) torna più volte sulle stesse cose, restituendo sì in modo meno filtrato la vita narrata, ma soffrendo delle inevitabili ripetizioni e sovrapposizioni. L’esperimento, non insolito per le autobiografie, è riuscito molto meglio ad esempio nello straordinario Open di Andre Agassi.

Merita comunque tre stelle abbondanti su quattro.

Lo potete acquistare qui.

Gita al faro di Virginia Woolf

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Lo avevo già letto anni e anni fa senza capirci molto. L’ho riletto e l’ho trovato di una bellezza malinconica e piena, tersa e umida come una mattinata inglese.

Sembra di leggere la trama con in testa un sacco di iuta: come se ti giungessero solo le voci e non potessi guardare direttamente ciò che accade se non attraverso la trama del sacco, e dominassero i paesaggi interiori, i pensieri, le riflessioni.

Non è un caso che due volte su due abbia sbagliato a scrivere il titolo in un freudiano “Gita al fato”.

Quattro palle e mezzo su cinque.

Lo potete acquistare qui.

Il principe delle maree di Pat Conroy

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Mi è piaciuto un sacco, ho pianto tanto.

Visto il film, ho voluto leggere il libro che come sempre in questi casi è un po’ diverso, molto più ampio e complesso, però il film resta molto bello, per me. Ben recitato, divertente e anche terribile.

Polpettone romanticoso e intorcinato come piacciono a me, cinque palle su cinque (ma non leggetelo, non vi piacerà).

Se volete proprio darmi ragione ( darmi della testa di cazzo) lo potete acquistare qui.

L’arte della gioia di Goliarda Sapienza

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Ho iniziato a leggerlo in digitale e arrivata a metà mi sono accorta che non ero riuscita a capire nulla della trama. In questi casi secondo me le persone normalmente mollano il libro lì e passano ad altro. Io però sono zuccona quindi, avendo scoperto durante il trasloco di averne una copia cartacea regalata da una persona molto picci (ciao Madamina) e dal suo gatto (ciao Mostro!) l’ho ricominiciato.

Oh, non solo ho capito di cosa si parlasse, ma l’ho trovato un libro splendido. Non perfetto, di certo molto lungo (e non mi uccidano gli estimatori, ma credo potesse essere ampiamente tagliabile) e forse in alcune parti un po’ smarrito, ma sicuramente una delle trame più potenti in cui mi sia imbattuta da molto. E di certo una delle migliori protagoniste femminili di sempre.

Un libro di cui sbaglio costantemente il titolo (che trasformo in l’età della gioia, forse in una crasi infelice con L’età dell’innocenza, altro splendido romanzo) e che nel mio cuore chiamo semplicemente “Modesta”.

Quattro palle su cinque.

Lo potete acquistare qui.

Appunti per un naufragio di Davide Enia

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Sarebbe stata la lettura dell’estate da consigliare a tutti, ma la recensione è arrivata “tardi”, se mai può arrivare tardi un consiglio valido sempre e per sempre. E arriva a ridosso dell’annuncio che “Appunti per un naufragio” è tra i vincitori del Premio Anima per il sociale 2017.

Enia (già autore dell’amatissimo Così in terra) ha uno stile unico, una capacità non comune di vedere e farti vedere il mondo “in mezzo agli altri” e non “dall’alto”. E di portarti lì dove le cose succedono perché tu possa vederle e poi sentirle dentro. Senza pretese ti spiegarti nulla, perché a volte puoi chiederti cosa ci sia dietro a ciò che accade e non capirlo, ma se certe cose nemmeno hai l’occasione di vederle, allora è come se non esistessero e fossero sommerse. Per sempre.

Ecco: è per questo che dopo averlo finito (a volte anche prima, molto prima di voltare l’ultima pagina) già dici a tutti “Leggilo, leggilo. Fatti un regalo. Leggilo, è un libro prezioso, è un libro necessario”. Quelle espressioni trite e vuote che ti ritrovi ad usare senza volere, perché sì, perché si ha bisogno in questi tempi bui di qualcuno che porti alla luce, in superficie, e allo scoperto qualcosa che, altrimenti, resterebbe nelle profondità del mare. Nelle profondità del *male*. Anche se succede soltanto ad un passo da te.

“Assistere, anche da lontano, all’approdo è stato interessante… no, “interessante” è limitativo. È stata un’esperienza potente, vissuta però dall’esterno, dal di qua, ero fisicamente lontano dal molo”.

Siamo tutti lontani, molto lontani dal molo ed è facile non assistere mai all’approdo. Siamo tutti al caldo, e all’asciutto, e al sicuro. Lo siamo perché abbiamo avuto l’immenso culo di nascere qui e non altrove. Di nascere adesso e non prima. Adesso, e – chi lo sa? –  non dopo. Come possiamo sapere infatti cosa ci attende? Come possiamo capire davvero cosa accade altrove? Come possiamo essere certi che non sarà mai più e che noi non saremo mai altrove?

Mettere un piede su quel molo, anche restando al caldo e all’asciutto e al sicuro nelle nostre case – attraverso poche pagine di lettura – è qualcosa che dobbiamo a chi è venuto prima di noi, a chi verrà dopo di noi, a chi cammina su questo mondo adesso, come noi, ma arriva da un altrove di cui non sappiamo nulla ed è così inaudito da rendergli preferibile lo sfidare le profondità del mare su poco più di un guscio di noce.

Mettere un piede solo su quel molo, intuire il dolore, la paura, la morte (che non lo sai, e lo neghi finché puoi, ma ti riguardano perché sono oggi, sono qui, sono nostre) è un invito a condividere un barlume di quella disperazione. Perché farlo? perché credo che a chi beneficia di posizioni di privilegio faccia bene capire che avrebbe sempre potuto essere l’altro.

Il naufragio di cui ho letto è stato il mio naufragio. Ne sono uscita stremata, col cuore pesante e senza fiato. E grata, infinitamente grata.

Cinque palle, santo cielo. Cinque palle più che meritate. Da leggere assolutamente.

Lo potete acquistare qui