Augustus (Un romanzo) di John E. Williams

23128691

Ultimo dei quattro romanzi editi da John E. Williams, Augustus è la narrazione della vita di Gaio Ottaviano Augusto, figlio adottivo di Giulio Cesare e primo imperatore di Roma dal 27 AC e fino alla sua morte nel 14 DC.

La formula scelta è quella del romanzo epistolare inframmezzato di tanto in tanto da brani tratti da documenti storici, in un un alternarsi di punti di vista soggettivi dei vari protagonisti con formule altisonanti e ufficiali. Il risultato è convincente e inaspettatamente coinvolgente. Dalle varie voci emerge la figura di Augusto come imperatore e soprattutto come uomo, e se per certi versi la sua vita straordinaria si contrappone diametralmente a quella di Stoner – protagonista del capolavoro di Williams, un uomo che vive una esistenza anonima, al margine dei grandi eventi della storia e se vogliamo anche della propria stessa vita – dall’altro ce lo ricorda moltissimo nell’emergere in entrambi di una profonda vastità d’animo che viene lasciata intuire, nella potenza del non detto, del taciuto, della rinuncia alla pienezza dei propri sentimenti in nome di un bene superiore e altrui.

Dove per Stoner a imporre il sacrificio della realizzazione di sé in nome dell’Amore era il bene delle persone care, per Augusto è il bene di Roma e dell’amatissima figlia Giulia. Due uomini sposati con donne fredde e calcolatrici, inizialmente molto amate e poi tenute accanto per una sorta di fedeltà all’idea di famiglia più che alla persona in sé. Due persone il cui ruolo pubblico impone nel privato scelte, cesure e sacrifici dolorosissimi. Due padri affettuosi, il cui amore non riesce a salvare le proprie figlie da se stesse. Due storie analoghe ma profondamente diverse nel contesto, così che non si ha mai la sensazione di aver letto lo stesso libro, ma solo di essersi trovati ancora – di nuovo – davanti a personaggi universali, che si muovano nell’America di metà ‘900 o nell’antica Roma.

Molto bello, anche se non dovete credere allo strillone in copertina: Stoner resta una punta di diamante ineguagliata. Quattro palle su cinque.

Lo potete acquistare qui.

Butcher’s Crossing di John Williams

fascetta-butchersDopo Stoner e Nulla, solo la notte, è toccato a Butcher’s Crossing. E bravo Williams (anche se con Stoner eri stato bravone). Non mi aspettavo che la storia fosse ambientata a fine ‘800 nell’America del Far West. Terre ostili, natura impietosa, caldi così torridi che fanno morire di sete e freddi così gelati che bloccano sulle montagne in mezzo a tormente di neve. Il tutto all’inseguimento dei sogni e delle follie degli uomini, che su questa natura indomita vogliono fortemente prendere il sopravvento.

Il simbolo di tutto questo è il bisonte. La sua caccia. Le mandrie. Lo sterminio. Lo spreco. Le madonne di te che leggi e vorresti pigliare più o meno tutti a ceffoni, ma la fai facile, tu, che 150 anni dopo sai perfettamente come è andata a finire quella mattanza. Tanta introspezione psicologica, maestose descrizioni di paesaggi naturali e paesaggi interiori.

A tratti va sul noiosetto, per cui tre palle e mezzo su cinque, ma complessivamente consigliato.

Lo potete acquistare qui.

Nulla, solo la notte di John Williams

nulla-solo-la-notte-light1Letto perché ho adorato un altro suo romanzo – Stoner – e avevo voglia di essere nuovamente rapita dalla sua scrittura: quella c’è, ma la trama in questo caso è un po’ “debole”. Romanzo breve, scorrevole e ben scritto, ma non coglie nel segno.

Tre palle su cinque.

Lo potete acquistare qui.

Stoner di John Williams

image_bookQuando l’ho finito non riuscivo a dormire: madonna madonna.

Quando uno arriva ad un libro che tutti ti dicono “bellissimo” possono succedere due cose: che leggi “Va dove ti porta il cuore” e vorresti uccidere tutti quelli che te lo hanno consigliato o almeno inizi a guardarli male, con sospetto, come se ad un tratto avessero un’aria diversa, più triste, più stupida. Oppure può succedere che sei in tram che vai ad una serata con una amica e non hai niente da fare e inizi qualche pagina sul telefono, senza pretese, tanto per passare il tempo, di un libro che tutti quelli che stimi ti hanno detto “leggilo”. E ti accorgi che hai già letto due capitoli, che non sei più a Milano in una serata in cui stranamente non piove, ma stai attraversando i viali alberati di una Università americana di inizio XX secolo e non sei più tu e non pensi più a quello che ti stava capitando, perché quello che ti sta capitando, adesso, è lì nel libro. Ed è una vita normale, banale, un po’ triste ma con momenti felici, in cui fai degli errori ma provi a tirare fuori il meglio con quello che hai, e quando qualcosa di meraviglioso ti succede lasci che accada perché non sai come fermarlo, e se è necessario lo lasci andare via, leggero come la neve che cade e copre tutto. Come in The Dead di Joyce. Tutta la brutta letteratura si assomiglia e ha il sapore della noia. Tutta la bella letteratura è unica e allo stesso tempo ti ricorda altre cose bellissime che hai letto: Yates, Roth, Joyce. Così come Revolutionary Road ti lascia lo stomaco straziato come una foresta travolta da un tornado, Stoner te lo lascia come un campo arato dalla vita. La vita come è, come deve essere, come può essere se riesci a viverla come se avesse un significato, ma senza volerle dare a tutti i costi un senso. Un libro che ti fruga dentro. Bellissimo. Consigliatissimo.

Cinque palle su cinque.

Lo potete acquistare qui.