I Miserabili di Victor Hugo

71Ce9JA9ZyL(Va detto che tra lui e Tolstoj con le guerre Napoleoniche si sono fatti decisamente prendere la mano, per quanto al tempo immagino sia stato qualcosa da cui fosse impossibile prescindere e abbia il suo valore e blabla, ma ccheddueppalle le decine di descrizioni minuziose degli spostamenti sui campi di battaglia, babbabìa).

Tolto quello, personaggioni quasi tutti (non fatevi scoraggiare dal pippone iniziale sul vescovo, ha senso contestualizzarlo bene per capire tutto il resto), anche se diciamo che svetta parecchio Jean Valjean, che è un figo da paura anche se non fai mente locale sulla bombabilità suprema di Hugh Jackman nella riduzione cinematografica del musical ispirato al libro del 2013 (madonnina, se poi fai mente locale, chettelodicoaffare?). Un paio di personaggi li prenderesti a sberloni, e del resto è quello che faresti anche a un paio di persone che incontri tutti i giorni, quindi nella ampia varietà di umanità descritta nell’abbondante più che migliaio di pagine ci sta anche quello.

Io ero arrivata digiunissima (non sapevo nulla della storia, non avevo mai visto un film che fosse uno o ascoltato alcunché) ma nel mio piano di leggere almeno un grande classico francese all’anno, I Miserabili ci stava proprio bene. Devo dire una storia avvincente anche se porcazzozza, quando ha deciso di raccontare la storia di gente miserabile ci si è messo di buzzo buono per miserarli fino in fondo, eh. Poveroni.

Detto questo leggetelo, è un librone, anche se da me prende tre palle e mezzo su cinque perché abbasta battaglie campali.

Lo potete acquistare qui.

Il meglio della vita di Rona Jaffe

ilmegliodellevita500 pagine per raccontare la New York degli anni ’50, ma soprattutto per raccontare la vita di quattro giovani donne in cerca di un proprio successo, di qualche soddisfazione sul lavoro, di dimostrare di essere brave ma anche donne che smarriscono un po’ la strada lungo il percorso, che si innamorano, che vengono deluse, che si rialzano e provano a farsi carine di nuovo, mangiano male, bevono troppo e sperano in un futuro migliore.

Secondo me un gran bel libro, che pur essendo innegabilmente scritto negli anni cinquanta, è riuscito a rendere alcuni dei personaggi così vivi che è come se stessero per aggiustarsi il rossetto, prendere la borsetta e infilare la porta per andare a  prendersi il meglio della vita.

Quattro palle e mezzo su cinque.

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La caffettiera del masochista – Psicopatologia degli oggetti quotidiani di Donald A. Norman


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Libro – pensate un po’ – letto perché consigliato dall’amministratore delegato della società per cui lavoro, è stato scritto da un ingegnere poi professore di psicologia e scienze cognitive nel 1988.

È stato tradotto e pubblicato in Italia prima nel 1990 con il sottotitolo “Psicopatologia degli oggetti quotidiani”, che voleva forse richiamare il noto testo di Freud e poi nel 2005 col più appetibile “Il design degli oggetti quotidiani”, che peraltro aiuta meglio a capire la tesi di fondo del libro, cioè andare a valutare la progettazione (e quindi in larga parte le ripercussioni della progettazione sul design) di oggetti, software, utensili che quotidianamente utilizziamo per comprendere come spesso l’uso che si dovrà fare di questi oggetti è insospettabilmente molto poco considerato da chi lo progetta (o forse lo era all’epoca della sua redazione).

Non so se nella versione più recente sia stato anche aggiornato il contenuto, ma in quella che ho letto io faceva abbastanza ridere leggere cose sul genere “sarebbe molto bello poter avere un oggetto da portare sempre con sé che contenga la rubrica delle persone da chiamare o dove poter segnare i propri appuntamenti e chiedergli di far suonare una sveglia all’ora giusta”: se pensi al 1988 effettivamente doveva essere abbastanza futuristica come ipotesi, oggi suscita un po’ di tenerezza (e anche tanta ammirazione per chi ha immaginato un mondo ancora tutto da inventare).

Posso dire che ne ho parlato per settimane a chiunque: non ho più azionato un rubinetto in un bagno pubblico o aperto una porta in un nuovo negozio senza notare come questi erano stati progettati, se erano intuitivi o meno, se facevano leva su “nozioni” acquisite e divenute ormai semi inconsce.

Credo sia una lettura che potrebbe interessare a davvero un sacco di gente.

Quattro palle su cinque.

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La teologia del cinghiale di Gesuino Némus

9788869933158_0_0_300_75Mi è piaciuto molto e davvero inaspettatamente. Questo romanzo – che ha vinto il Campiello come opera prima – è un giallo, ma ha come protagonista un bambino, è ambientato in Ogliastra e io ho avuto la fortuna di leggerlo durante una breve vacanza in Sardegna.

Lo consiglio per l’ambientazione, per la bellezza dei personaggi e perché era da un po’ che non trovavo un nuovo autore così gradevole in un filone ormai così sfruttato come la giallistica italiana.

Sappiate che sono già usciti altri due romanzi della stessa serie: I bambini sardi non piangono mai e Ora pro loco che leggerò quanto prima.

Poi voglio dire l’eleganza assoluta di scegliere come nome del protagonista e proprio nome d’arte la crasi tra Gesù e un suino e – come se non bastasse – mettere in copertina un porco benedicente, merita di vincere tutto.

Quattro palle abbondanti su cinque.

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Momenti fatali di Stefan Zweig

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Letto su suggerimento di Andrea: si tratta di una collezione di 14 piccoli affreschi narrativi che ricostruiscono, romanzandoli, alcuni momenti importanti nella storia occidentale.

Anche qui bella l’idea, nel complesso mi è piaciuto abbastanza, però non mi ha conquistata del tutto.

Tre palle su cinque.

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Le mappe dei miei sogni di Reif Larsen

s-l640Letto perché me lo ha regalato Fab, è un libro secondo me tecnicamente non leggibile su kindle: si tratta di uno di quei casi dove testo e illustrazioni interagiscono in modo strettissimo e significativo.

Il protagonista è un ragazzino dodicenne mezzo matto, che ha un insuperabile talento nel riprodurre non solo carte geografiche e mappe, ma in generale illustrazioni, diagrammi, disegni tecnici e – attraverso questa modalità di visione analitica – seziona, classifica e interpreta la vita stessa: i propri familiari, quello che gli succede e gli è successo. E cerca di capire cosa abbia spinto il proprio fratello maggiore a uccidersi e lui stesso a intraprendere un viaggio in treno attraverso gli Stati Uniti per raggiungere lo Smithsonian Institution a Whashington,

L’idea (del libro stesso come interazione tra testo e illustrazioni sulla pagina) è geniale, la realizzazione discreta, ma si perde un po’ per strada. Non mi è dispiaciuto ma mantiene meno di quel che promette.

Tre palle su cinque.

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