Lettere a Theo di Vincent Van Gogh

tumblr_inline_muvr1zjXts1s72zrwCi sono arrivate numerose lettere scritte da Vincent Van Gogh nella sua vita, moltissime delle quali – ma non tutte – indirizzate al fratello Theo, a cui era intensamente legato non solo da legami di parentela e reciproco affetto, ma soprattutto perché – di fatto – è stato lui a finanziare tutta l’attività pittorica di Vincent, mantenendolo e sostenendolo negli ultimi dieci anni di vita.

Nelle lettere che compongono questa raccolta, che sono una selezione delle centinaia di quelle inviate a Theo, Vincent ci racconta la propria evoluzione da impiegato insoddisfatto ad aspirante predicatore cattolico, da istitutore nelle fredde scuole inglesi a pittore, quando finalmente asseconda quella che è stata la vera passione di una vita per l’arte.

La cosa più incredibile che mi è successa leggendo questo volume è che ho scoperto che il mio amatissimo Van Gogh era un fottutissimo passivo-aggressivo del cazzo, che ricattava emotivamente il fratello per farsi dare più soldi, soldi che poi spendeva non tanto per comprarsi da mangiare cose decenti e vivere dignitosamente, ma ad esempio per mantenere una povera ragazza madre e annessi figlioli che gli si era accollata (e che lui per proprietà transitiva accolla quindi al fratello, facendo il signore col portafogli altrui), quando non (ma questo per nostra fortuna) per comprare tele e colori da dipingere. Impagabile il passaggio in cui dettaglia quanto sia magro e deperito e malato e che coi soldi che gli restano non possa procurarsi manco un tozzo di pane (piccola fiammiferaia mode on), e due righe dopo confessa tutto contento che appena arriveranno i soldi correrà a prendere nuove tele e nuovi colori. Le mazzate che non ti avrei dato, Vin.

Considerando che non era un narratore, comunque non scrive male: si nota uno stile circolare e ossessivo, che – mi pare di intuire – lascia indovinare quanto egli nella propria solitudine parlasse soprattutto con se stesso, convincendosi per ripetizioni continue della bontà dei suoi ragionamenti e convinzioni. Poi alla resa dei conti la realtà gli dava mazzate non da poco, come quando prepara per mesi la casa per ospitare Gauguin e dopo due mesi dal suo arrivo ci litiga a tal punto che, sconvolto, tornato a casa da solo si mozza un orecchio. E, se vogliamo, questa capacità di plasmare la realtà nella sua testa l’ha poi riversata nella pittura, e quel che vedeva, come sappiamo, era un gran bello.

In soli dieci anni di attività artistica ha fatto cose incredibili: citando Blade Runner “La luce che arde col doppio di splendore brucia per metà tempo”. Ciao Vin, e ciaone Theo, sei un po’ tutti noi, vittime dei vittimisti.

Meglio la seconda parte della prima, comunque tre palle su cinque, nel complesso.

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